Il rifugio Paolo Daviso è l'unico rifugio della Val Grande di Lanzo (gli altri sono bivacchi incustoditi) ed è situato nel magnifico anfiteatro naturale dell'alto vallone della Gura. Sono passati alcuni anni dall'ultima volta che ci sono stato e avevo voglia di tornarci, anche dopo aver saputo che spesso gli stambecchi "bazziccano" i suoi immediati paraggi.
E' stato quindi spontaneo accordarsi con l'amico Roberto Richiardi, bravo musicista jazz (suona il sassofono) che condivideva la passione per questo affascinante genere musicale con il mio compianto papà. Roby è anche un amante della fotografia e della montagna e, come il Valerio del precedente post sui laghi di Sagnasse e il sottoscritto, viene in villeggiatura a Chialamberto da quando era un bambino.
Decidiamo di partire all'alba perchè vogliamo rientrare a casa per l'ora di pranzo. Rispetto ad altri trekking precedentemente descritti su questo blog, l'escursione al Daviso richiede un po' di allenamento. Il dislivello per coprire la distanza da Forno Alpi Graie al rifugio è di circa 1.100 metri. Pur non trattandosi di niente di particolarmente impegnativo, ritengo che la barriera dei 1.000 metri di dislivello rappresenti un po' lo spartiacque tra l'escursionista occasionale e quello allenato.
Nella parte iniziale del suo percorso il sentiero, a tratti piuttosto ripido, si svolge all'interno del bosco. Quando mancano meno di 500 metri di dislivello per arrivare al rifugio, il bosco cede il posto alla prateria alpina. E' la parte più scenografica del trekking, il momento in cui il vallone della Gura si mostra in tutto il suo splendore.

Il tratto finale dell'ascesa è quello più impegnativo ma ormai vediamo le bandiere del rifugio e la fatica non si fa sentire. Appena arrivati, i gestori del rifugio, estremamente gentili e cordiali, ci offrono una tazza di the caldo.Iniziamo a parlare e ci raccontano di aver visto, solo pochi giorni prima, un maestoso gipeto volare a pochi metri dal tetto del rifugio. Ci spiegano anche che gli stambecchi si fanno vedere spesso, in particolare un grosso maschio ribattezzato Belzebù, per via delle sue corna imponenti.



Di Belzebù non vi è traccia ma, aggirandoci nei dintorni del rifugio, avvistiamo una femmina di stambecco con i suoi due piccoli. Tempo di scattare qualche foto e fare un veloce spuntino che siamo già sulla strada del ritorno.
Il prossimo anno mi piacerebbe tornare al rifugio Daviso per passarci la notte e utilizzarlo come punto di appoggio per un'escursione al Col di Fea... chi vivrà vedrà!







